UTOPIE E PERIFERIE URBANE NELL’IMMAGINARIO CONTEMPORANEO
di Isabella Falbo
Se la crescita urbana e territoriale contemporanea è in continua metamorfosi e si caratterizza attraverso fenomeni di destrutturazione e ibridazione con la tendenza al superamento della forma consueta della città, Giacomo Costa, Firenze 1970, attraverso le sue opere ci presenta la sua visione utopica e surreale di questi fenomeni.
Macchine ibride composte come frammenti fluttuanti, i suoi panorami urbani inglobano quelli suburbani senza distinzioni, si sviluppano all’infinito, verticalemente o orizzontalmente, la periferia non esiste più come entità a sé.
Potremmo considerare i lavori di Costa come riletture surreali della “città dispersa”, la metropoli-periferia” caratterizzata dall’insediamento nomade, sia nella dimensione spaziale che in quella culturale.
Tra utopia e surrealtà le città di Costa non appaiono comunque ancorate al nostro mondo, ma a nuovi mondi che l’artista stesso modella attraverso sofisticati software 3D, utilizzando uno stile che potremmo definire trans-architettura.
Giacomo Costa, Acqua n.3, 2007
Giacomo Costa, Veduta n.1, 2005
Giacomo Costa, Veduta n. 14, 2006
Giacomo Costa,Consistenza n.5, 2008
In linea con la suggestiva teoria dei non luoghi di Marc Augé, a partire dagli anni ’90 molti artisti hanno dipinto, fotografato o interpretato gli spazi indefiniti delle nuove realtà metropolitane, scenari deterritorializzati caratteristici della sur-modernità legati al transito piuttosto che alla presenza.
Il giovane artista francese Tristan Favre, 1976 con la sua pratica artistica si inscrive all’interno del contesto dell’intrvento urbano.
Tra le sue mostre più recenti la partecipazione alla collettiva Luoghi comuni e la personale New place for Ecstasy a Parigi.
Il progetto Luoghi comuni esplora il concetto di spazio pubblico all’interno della città, tutti gli artisti invitati hanno scelto come locations per i loro interventi i non-luoghi cioè i luoghi di transito, le reti infrastrutturali che definiscono la periferia.
Le opere presentate Ecstasy e Paradise rappresentano due postulati diversi di “paradiso” e sembrano rispondere positivamente alla domanda se nello spazio dell’a-topia ci sia posto anche per l’utopia.
Ecstasy è una scultura floreale nomadicamente inserita all’interno del contesto della Gare St. Lazare o in angoli dismessi della città.
In Paradise, Favre stampa l’immagine per desktop del programma windows, “paradise” rappresentante un atollo delle Maldive, e la incolla sulla serranda di un negozio di periferia.
Rileggendo in questo modo i luoghi pubblici di transito quotidiano, Favre sembra dichiarare che le periferie vogliono e hanno bisogno di sogni o utopie.
Tristan Fabre, Ecstasy, installation view, St. Lazare train station, 2004, Paris
Tristan Fabre, installation vew, St Lazare train station, 2008, Paris
Tristan Fabre, Paradise windows desktop, 2004
Molti residenti delle aree metropolitane decidono di vivere nei sobborghi, le comunità satellite, considerate più facili della città. L’opera Prada Marfa, 2007, stampa fotografica, realizzata dagli scandinavi Elmgreen & Dragset, appare come la fata Morgana di una fashion victim che per la scelta di vivere fuori non ha più le proposte moda esclusive della città.
Il cielo è terso, la strada solca una distesa a perdita d’occhio, siamo nella zona periferica di Valentine nel Texas e non c’è nessuno. Completamente isolata dal suo contesto abituale una boutique di Prada dalla vetrina allestita come se fosse sulla Quinta strada a NY: 6 borse e 20 paia di scarpe femminili a tacco alto.
La boutique è una scultura permanente che simboleggia il lusso e le promesse capitalistiche.
Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, photo from installation, 2005, USA
Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, photo from installation, 2005, USA
Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, photo from installation, 2005, USA
Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, photo from installation, 2005, USA
Se la metropoli-periferia non è più un testo ma un ipertesto che convive con la città e dialoga con essa, il fenomeno della Street art, da sempre considerata come un’anomalia da quartiere basata su una “poetica del vandalismo”, sembra rappresentare la tensione unificante fra periferia e centro.
In questi ultimi anni la Street art sta generando molto interesse e da controcultura o atto di vandalismo di provenienza suburbana, che si esprime attraverso le più svariate dis-educazioni: graffiti, murales, poster, stencil, sticker, dalla periferia si insinua lentamente nul tessuto urbano arrivando persino ad occupare spazi culturali interni ad esso.
Mostre come The Beautiful loser, ospitata alla Triennale di Milano nel 2006 o Street art, presentata sui muri esterni della Tate Modern di Londra qualche mese fa, ne rappresentano il nuovo statuto acquisito celebrandolo.
Maturata agli inizi degli anni ’90 la Street art è d’importazione perlopiù americana ed ha tra i suoi precursoni artisti come Jean Michel Basquiat e Keith Haring, mentre Bansky, dall’identità soggetta ad una febbrile speculazione, è il capofila della Street art inglese contemporanea.
Bansky realizza immagini provocatorie dall’estetica chiara ed immediatamente leggibile, realizzate con vernici spry o stencil. Le sue opere sono sparse in tutta l’Inghiterra, in particolar modo Londra, Bristol e Brighton, arrivando persino sulla barriera di separazione israeliana, dove ha realizzato scene trompe-l’oeil rivelanti scintillanti spiagge, come se il paradiso fosse dall’altra parte.
Nelle sue rappresentazioni Bansky racchiude un mondo alternativo e disincantato, capace di prendersi gioco del quotidiano vivere umano a tal punto da renderlo ridicolo o inutile.
L’opera Sweeping It Under The Carpet, è il ritratto di una inserviente dal nome Leanne, che Bansky le dedica e che ritroviamo su almeno due muri di Londra.
Flower Power, Pollard Street, E2. London compare al di sotto del Tower Hamlets Council, l’organo che avrebbe voluto fare rimuovere tutti i suoi graffiti.
Unknown Hoodie, realizzato per il Cans Festival di Bristol, rappresenta l’ennesimo drammatico episodio di accoltellamento fra bande rivali nella capitale inglese e denuncia la perversa cultura delle gang di strada.
Banksy, Unknown Hoodie, Bristol, piece at the Cans Festival
Banksy, security fence at Bethlehem, 2005
Banksy, security fence at Bethlehem, 2005
Banksy, Yellow Lines Flower Painter, Pollard Street, E2, London
Banksy, sweeping it under the carpet, London
A volte le città per situazioni di degrado o di abbandono somigliano sempre più alle zone periferiche. Giovanni La Cognata, esponente di quella scuola pittorica siciliana che da anni porta nuova linfa alla figurazione, rappresenta città che divengono periferie.
Modica, Comiso, Ragusa, Palermo non rappresentate come luoghi vivi e piacevoli con scorci dei loro palazzi barocchi, ma come luoghi deserti, dove tutto è silenzioso e nulla sembra muoversi. Gli edifici sono bassi, i manifesti strappati, gli intonaci stanno per cadere, auto e motorini sono parcheggiati in mezzo alla strada.
Queste immagini non sono atti di denuncia, come dichiara La Cognata, ma semplicemente soggetti che fanno parte del quotidiano dell’artista.
La Cognata, Paesaggio, oil on canvas, cm 130x80, 2006
La Cognata, Palermo, oil on wood, cm 38x38, 2007
L’arte dell’artista Cyprien Gaillard, Parigi 1980, giovane rivelazione della nouvelle vague francese contemporanea, è una riflessione sul tema dell’architettura in rapporto all’ambiente e al contesto sociale contemporaneo, riportata attraverso il video, nonchè pittura e scultura, in modo estremamente lirico ed emozionante.
Il video Desniansky Raion, tra vandalismo e minimalismo estetico, ordine e caos, è strutturato in 3 parti ed inizia con il fotogramma dell’arco di trionfo all’entrata della città di Belgrado costruito negli anni ’70.
La prima parte del video presenta la battaglia, colta in diretta da Gaillard, tra due gang in un parcheggio dei sobborghi di San Pietroburgo, blu contro rossi, con qualche punta di bianco data dai guanti, i due gruppi si muovono compatti l’uno contro l’altro.
La seconda parte inizia con il fermo immagine sulla facciata di un sobborgo parigino sulla quale sono proiettate luci e fuochi d’artificio. Se solitamente per queste grandiose proiezioni sono utilizzati edifici storici, qui il palazzo in rovina, creando un forte contrasto.
L’ultima sezione restituisce i sobborghi di Kiev, filmato realizzato con una microluce pericolosamente sbattuta dal vento riproduce immagini tra il cinematografico e l’amatoriale.
Qui di seguito la prima parte di Desniansky Raion, che appare rendere omaggio alla pittura impressionista unitamente all’emozione della musica di Koudlam.
Cyprien Gaillard, Desniansky Rayon, frame from video, 2007
ISABELLA FALBO, Relazione nell’ambito del convegno Storie di periferie, Trento, Biblioteca comunale, 16-30 novembre 2008