DOUBLE FACE
di Isabella Falbo
La doppia implicazione del cuore come organo vitale e simbolo carico di significati è da sempre inscindibile. Sede dell’anima per gli antichi egizi, identificato con il Sacro Graal nel medioevo, “centro dell’essere”, è quanto di più essenziale possa esistere in tutte le culture.
Anche da una prospettiva contemporanea il concetto di cuore preserva intatta la sua duplice connotazione di organo e simbolo, tuttavia concettualmente è l’aspetto simbolico a predominare.
Oggi, se diciamo “cuore come organo”, vengono subito alla mente le problematiche associate ai traffici illeciti, le lunghe liste d’attesa di chi ne aspetta uno per un trapianto e certe serie televisive che lo sottraggono dalle corsie ospedaliere per trasformarlo in contenuto da fiction.
Se diciamo “cuore come simbolo” sono le immagini dal gusto edulcorato alla Jeff Koons di "Hanging Heart" ad emergere nella mente di ognuno di noi, è il suo simulacro, stilizzato sin dai tempi dei geroglifici e sempre di moda e d'attualità in ogni ambito.
In Battiti ed altri echi del cuore, i due lati, queste due accezioni endogene, si incontrano nel rapporto speciale Arte e Scienza, il linguaggio globale dell’arte “versus” il linguaggio razionale della medicina, in un evento che avvia un percorso di esplorazione all’interno della tematica del cuore, delineandone le coordinate filtrate dalla sensibilità degli artisti invitati.
Giorgio Bevignani con Roubrarebours ci offre un’ interpretazione poetico-scientifica del cuore inteso come organo, muscolo e pompa; Cosimo Terlizzi con Cosma e Damiano indaga il cuore come intima reliquia; Milena Sergi in Metamorfosi 7, focalizza la sua poetica in direzione alla funzione vitale che il cuore svolge e lo interpreta in tutta la sua fisicità e scientificità di organo; Giuseppe Rado in Pod Monogatari ce ne offre un’interpretazione simbolica filtrata dalla cultura giapponese; Anche Stella Tasca con A new nesting doll ne restituisce un’immagine simbolica, come luogo dei sentimenti e dell’amore; Elizabeth Frolet in Costellazioni attorno un sacrificio identifica il cuore come “oggetto del sacrificio”; Enrico Frattaroli, insieme ad Elizabeth Frolet, nel video Cuore crudo mette a nudo l’organo nella sua più “reale” fisicità senza tuttavia destituirlo come portatore di significati simbolici, sorgente di sentimenti ed emozioni, ribadendo così la sua innata natura “double face”.
Giuseppe Rado
Sofisticato e ricco di dettagli simbolici, l’universo di Giuseppe Rado è un equilibrato mix di ispirazioni tratte dalla cultura giapponese, letteratura, fumetti, cartoon, dal cinema occidentale e da un certo gusto glamour di moda.
La sua pratica artistica, orchestrata attorno la creazione di “tableaux vivant” che ferma con la macchina fotografica e ritocca digitalmente, avvicinandosi moltissimo per tecnica e intenti - la volontà di creare icone - a quella di Pierre e Gilles. Giuseppe Rado sceglie il soggetto, crea la scenografia per costruire il suo set, seleziona la modella, la veste, la trucca e la pettina.
L’installazione ad hoc di Rado, di cui fulcro sonoro è l’elemento Pod che contestualizza la scena, comprende Podding, videoproiezione in loop e Pod Monogatari immagine su light box.
In linea con la sua ricerca artistica e perseguendo la rappresentazione della bellezza ideale attraverso immagini femminili come “oggetti del desiderio”, in Pod Monogatari, storie di bozzoli, Rado presenta la sua nuova icona che come sempre non appartiene a nessun canone di bellezza reale ma si compone di tutte le caratteristiche fisiche e psicologiche che interessano l’artista.
La bellissima donna che si aggira nei boschi racchiude il mistero della natura che si avvicina all’uomo attraverso l’inganno e rimanda alla leggenda giapponese della “donna volpe”, la “Kitsune” capace di cambiare aspetto e trasformarsi in splendida creatura femminile .
Anche il Pod rientra nei racconti fantastici giapponesi e come contenitore straordinario di energia nell’installazione di Rado diviene il fulcro dal quale fuoriesce il suono del battito vitale, quello del cuore.
Il video Podding, attraverso un linguaggio veloce estremamente contemporaneo dove la figura femminile si muove mantenendo la staticità, e il tempo e lo spazio si percepiscono distorti, creato su diversi livelli di immagini attraverso una sorta di collage di scatti fotografici, sembra suggerire la trasformazione della Kitsune in donna.
Elizabeth Frolet
Attraverso una versatilità degna di un artista del rinascimento, Elizabeth Frolet è una “artista intellettuale” che si esprime con tutti i media, dalla scultura alla grafica, dal video alla ceramica, dal design alla scrittura, in una pratica artistica focalizzata sul corpo. Come lei stessa ha dichiarato, “metà del suo cervello è giapponese” e questo si riflette nella ricerca poetica e nell’approccio e che l’artista ha nei confronti dell’arte e della vita.
In Costellazioni intorno ad un sacrificio la spontaneità del segno e la sicurezza del tratto appaiono strettamente collegati a quel linguaggio basato sulla linea appartenente alla tradizione giapponese. Attraverso l’utilizzo di mixed media, collage di carte ricercate e disegno ad inchiostro, prosegue la sua ricerca alle radici del mistero della vita e della morte, sulle pulsioni di eros e tanathos e ritrova nel cuore il simbolo corrispondente “all’oggetto del sacrificio”.
Uomini o idoli magici le due figure rappresentate, una maschile e una femminile, appaiono come flessuose e raffinate “sculture tribali” modellate sulla carta intente nella danza della vita. Come aforismi visivi del chi riceve e del chi dona, il punto rosso attorno al quale tutta la composizione è orchestrata simboleggia il cuore.
In una logica concettuale dove il concetto di “sacrificio” è strettamente connesso all’organo del cuore, Elizabeth Frolet individua in esso il luogo dove avviene sempre un sacrificio, volontario o obbligato, per amore o per forza.
In queste rappresentazioni anche una certa sensualitá, tipica della produzione artistica della Frolet, non manca, unitamente alla coscienza della morte: raffigurata simbolicamente nella fila di teschietti, contribuisce al significato delle opere come colonna vertebrale della vita, non come aspetto macabro ma come input e insegnamento per un’esistenza più consapevole.
Giorgio Bevignani
La pratica artistica di Giorgio Bevignani da sempre oscilla tra la pittura e la scultura, dando luogo, attraverso un approccio sperimentale nell’uso del colore e della forma unito ad un’inedita rielaborazione mentale di concetti filosofici, ad opere definibili “pittosculture”. La semplicità delle forme, l’innocenza della composizione e la grandiosità delle dimensioni, evocano nello spettatore un abbandono contemplativo con rimandi alla land art di Richard Long e ai monoliti di Joseph Beuys.
Una prima visione d’impatto infonde nello spettatore sentimenti di fascino e contemplazione dovuti all’approccio teatrale, effimero, di queste composizioni scenografiche, per apparire subito dopo in tutta la loro complessità ed ambiguità semantica ed estetica.
In Roubrarebours “rosso a ritroso”, installazione scultorea creata ad hoc, Giorgio Bevignani tralascia apparentemente tutti gli aspetti simbolici per presentare il cuore come è scientificamente inteso, un muscolo che pompa sangue.
Roubra, rosso, come il flusso sanguigno, rebours come la formazione della vena embrionale dalla quale si forma il cuore e che piegandosi spinge a ritroso il sangue.
Roubrarebours, struttura sospesa come frammento semantico completamente preservato di un corpo deflagrato, si presenta come una sorta di cassa toracica dentro la quale lo spettatore/contemporaneo voyeur è invitato a guardare. La luce al neon illumina un groviglio di filo di ferro che come gli alveoli polmonari abbraccia e racchiude un cuore.
Il “tentativo scientifico” di Bevignani è una visione intrisa di poeticità dove il colore funziona come concetto visivo, il blu dell’involucro esteriore rappresenta la libertà mentre il rosso del cuore significa verità, come la verità del sangue e dell’amore e dove la fruibilità dell’opera stabilisce un contatto estremamente passionale ed emozionale.
Stella Tasca
La pratica artistica di Stella Tasca è un interessante melting pot di riferimenti tratti dalla cultura alta e dalla cultura bassa, dalla storia dell’arte che dalla psichedelia degli anni ’60 arriva al graffitismo degli anni ’80 fino al writing metropolitano, e passa dalla comunicazione pubblicitaria a riferimenti all'era Internet, dove è l’immediatezza della comunicazione visiva, coinvolgente e stimolante il fulcro concettuale.
Nei due arazzi della serie A new nesting doll la struttura ricorsiva delle matrioske diviene soggetto e registro compositivo, un gioco ad incastri dove il linguaggio scritto si compenetra al linguaggio visivo, attraverso il quale appare subito evidente l’importanza del connubio arte/linguaggio all’interno della poetica di Stella Tasca.
L’artista “urla” allo spettatore il significato di queste opere attraverso gli slogan “Love permits no lies! Love transforms the world! Love is subversive!” e “Passionate love is ignored and feared by the bourgeoisie!” che incorniciano i soggetti, deliziose matrioske contemporanee cariche di simbologie.
All’interno di queste composizioni il cuore appare come luogo simbolico, contenitore di emozioni e sentimenti, soprattutto di amore.
Milena Sergi
Attraverso l’analisi di un unico soggetto, “la donna incinta” nella serie Metamorfosi Milena Sergi prosegue la sua indagine sulle deformazioni del corpo dove, corpi “disfatti” dalla natura, deformati dalla gravidanza e “contaminati” da un fattore esterno come il tatuaggio, sono rappresentati attraverso giochi di sfocato e ombra.
Metamorfosi 7, grande fotografia digitale su tessuto, rappresenta l’immagine in bianco e nero di una donna sdraiata, incinta di sei mesi, colta in una posizione di estremo relax. In questa immagine dove la deformazione morfologica rimane senz’altro in secondo piano l’artista uscendo da una visione della realtà otticamente intesa utilizza la tecnica fotografica per rivelare quanto non percepito direttamente.
Attraverso questo registro compositivo che oscilla tra illusione e realtà, è l’ “aura” che circonda il corpo l’elemento centrale della rappresentazione, simbolo di quella “carezza vibratoria” con la quale il cuore della madre culla il bambino, vibrazione del loro intimo dialogo.
Il cuore in quest’opera di Milena Sergi appare interpretato in tutta la sua fisicità e scientificità di organo, il quale battito “culla” l’embrione con la sua presenza costante e rassicurante, il cui flusso sanguigno costituisce una delle primarie fonti sonore di stimolazione per il feto.
Cosimo Terlizzi
La pratica artistica di Cosimo Terlizzi si sviluppa attraverso l’uso di diversi media, dal video alle performance, alla fotografia, provocando con la bellezza e giocando con la perfezione. Il mito del bello, approfondito, rimaneggiato e scomposto è onnipresente in tutte le sue opere e analizzato all’interno di una poetica che privilegia il corpo -corpo come oggetto, sentimentale e crudele, carne da studiare, da interpretare, da macello - e la sua trasformazione nell’arte.
Il dittico Cosma e Damiano, Santi medici è un ritratto contemporaneo, intenso e romantico dei cosiddetti “Medici di Cristo”, i due fratelli gemelli che nacquero nel III° secolo in Cilicia dove esercitarono la professione medica e morirono decapitati durante la persecuzione di Diocleziano. Cosma e Damiano svolsero la loro attività più per virtù soprannaturale che per scienza umana, dimostrando anche dopo il loro martirio grandi capacità di guaritori attraverso innumerevoli interventi di tipo miracoloso. Furono detti anárguroi, ossia «senza argento», a significare che si adoperarono in cure molteplici senza mai pretendere alcuna ricompensa, poiché agivano per santità e non per ottenere profitti. Il culto per questi due santi è sempre stato molto praticato e a loro si attribuiscono eccezionali qualità taumaturgiche.
Il volto pulito e puro, le mani grandi e buone appoggiate sul petto, il petto come calda protezione che accoglie il cuore come una intima reliquia, Cosma e Damiano di Cosimo Terlizzi appare in linea con la tematica della resa che l’artista ha sviluppato e continua a sviluppare nelle performance itineranti “10 modi di arrendersi”. In questo ritratto l’artista ricodifica nella gestualità un linguaggio visivo attinto dall’iconografia cattolica di santi e dominati e mantiene il look e lo stile personale del modello scelto per quanto riguarda la forma.
L’opera Cosma e Damiano conduce lo spettatore alla riflessione, forse il vero vizio capitale della tradizione umana è davvero il "non arrendersi mai".
Elizabeth Frolet , Enrico Frattaroli
Video, Cuore crudo, Italia 2007
Tra realtà e teatralità, violenza e sensualità, nel video Cuore crudo, opera a quattro mani di Enrico Frattaroli ed Elizabeth Frolet, il cuore rimane portatore di significati simbolici, sorgente di sentimenti ed emozioni, luogo dell’anima.
Il titolo, Cuore crudo, gioca sull’ambiguità semantica del francese “Coeur cru” dove cru diviene suffisso di crudo e crudele, come estremamente crude e crudeli sono le immagini che passano davanti agli occhi dello spettatore.
Il video della durata di nove minuti è strutturato in tre parti da tre minuti ciascuna, separate da una colonna sonora che scandisce i vari tempi.
Attraverso queste immagini Enrico Frattaroli ed Elizabeth Frolet mettono a nudo il cuore come organo tragicamente strappato dal suo posto, sfacciatamente mostrato lacerato, sanguinante, sofferente.
Ambiguità e duplicità caratterizzano il registro compositivo dell’opera strutturata su un doppio livello visivo: l’ “affresco in movimento” composto dalle immagini visionarie inquietanti, sensuali e crudeli dello sfondo, l’immagine in primo piano strappata da una pagina di Newsweek fissa, in bianco e nero, che mostra un uomo raccolto in sé stesso con la nuca appoggiata sul tavolo, forse in preghiera o forse in prostrazione, testimone di crudeltà altrui alle quali è forzatamente obbligato a partecipare oppure carnefice crudele se riconosce le immagini come intime proiezioni della sua coscienza.
ISABELLA FALBO, testo critico per la mostra Battiti ed altri echi dal cuore. Progetto di Angelo Melpignano, a cura di Francesca Pietracci. Testi critici di Isabella Falbo e Jonathan Turner. Ostuni (Brindisi), Luglio 2007.